Fissaidee 2

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Corso: Biologia di base
Unit: Fissaidee 2
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Data: martedì, 1 luglio 2025, 01:14

1. Produttività primaria e secondaria /1

Gli autotrofi costituiscono i produttori primari. La produttività primaria (PP) è la velocità alla quale l’energia luminosa è trasformata in energia chimica dall’attività fotosintetica o chemiosintetica degli autotrofi, in una data area e in un dato tempo.

Come possiamo misurare la produttività primaria? Le unità di misura più utilizzate sono Kj/area/tempo per gli ambienti terrestri e Kj/volume/tempo per gli ambienti acquatici. Se si fa riferimento alla velocità di organicazione del carbonio (velocità di conversione del carbonio inorganico in organico), la produttività primaria si può misurare in gC-organico/area/tempo.

Distinguiamo:

Produttività Primaria Lorda (PPL): rappresenta la velocità totale di fotosintesi e quindi tutta l’energia chimica o il carbonio organico prodotti per unità di area e unità di tempo dagli autotrofi.

Produttività Primaria Netta (PPN): rappresenta la reale quantità di biomassa prodotta dagli autotrofi, quindi la produttività primaria lorda al netto di quanto utilizzato per i processi metabolici e perso come calore metabolico (respirazione, R). Parte del carbonio organico prodotto infatti viene utilizzato dagli autotrofi stessi, e quindi consumato.

In genere si considera PPN = PPL - R

Produttività Secondaria (PS): rappresenta la velocità di immagazzinamento dell’energia da parte degli eterotrofi. Gli eterotrofi utilizzano sostanza organica già disponibile prodotta dagli autotrofi o da altri eterotrofi, e la fissano nei loro tessuti al netto delle perdite dovute al mantenimento delle attività metaboliche. Per la produttività secondaria quindi non si distingue una produttività lorda e una produttività netta, poiché non esiste una fase di sintesi della sostanza organica.


2. Produttività primaria e secondaria /2

In un ecosistema sono quindi presenti produttori primari e produttori secondari, che possiamo suddividere in consumatori primari, consumatori secondari, consumatori terziari ecc. e ognuno di questi costituisce un livello trofico.

Livello trofico = insieme di organismi che ottengono energia alimentare dal sole con lo stesso numero di passaggi

Il livello trofico dei produttori primari fotosintetici, ad esempio, è costituito da tutti gli individui che utilizzano l’energia solare come fonte di energia. Il livello trofico dei consumatori primari (erbivori) è costituito da tutti gli organismi che utilizzano come fonte di energia i produttori primari fotosintetici. I carnivori che consumano erbivori costituiscono il livello trofico dei consumatori secondari, i carnivori che consumano altri carnivori quello dei consumatori terziari ecc.

Negli ecosistemi terrestri generalmente sono presenti 3-4 livelli trofici, negli ecosistemi marini 5-7 livelli trofici.

Nello schema in figura sono presenti quattro livelli trofici.


quattro livelli trofici.



3. Le piramidi ecologiche

La struttura trofica di un ecosistema può essere rappresentata graficamente mediante le piramidi ecologiche. Il primo livello (la base) è quello dei produttori, i livelli successivi sono quelli dei consumatori.

Le piramidi ecologiche possono essere di tre tipi: piramidi dei numeri, piramidi di biomassa e piramidi di energia.

Indipendentemente dal parametro rappresentato (abbondanza, biomassa o energia), la struttura della piramide è la stessa: i produttori primari sono alla base ed i consumatori formano i livelli trofici successivi.

Le piramidi dei numeri riportano il numero di individui presente in ogni livello trofico, mentre le piramidi di biomassa fanno riferimento alla quantità di biomassa. Entrambe queste piramidi possono essere “invertite”, e la base può essere più piccola degli strati superiori in funzione della stagionalità o del tipo di ambiente.

Nelle piramidi di energia invece i produttori contengono sempre una quantità di energia maggiore dei consumatori di I livello e questi, a loro volta, contengono una quantità di energia maggiore dei consumatori di II livello e così via. La base della piramide sarà quindi sempre più ampia dei gradoni successivi.

Nelle foreste temperate i produttori primari sono rappresentati da alberi di grandi dimensioni (quindi elevata biomassa), ma con numerosità inferiore rispetto al fitoplancton marino, ad esempio. In mare aperto infatti, i produttori primari sono piccoli organismi con una biomassa molto ridotta e abbondanza elevata, soggetta a variazioni stagionali. Ad ogni modo, le popolazioni fitoplanctoniche hanno tassi di crescita e riproduzione così veloci che possono sostenere quelle dello zooplancton anche se in un dato momento la biomassa del fitoplancton è inferiore a quella del livello trofico successivo.

Quindi: le piramidi dei numeri sovrastimano l’importanza degli organismi di piccole dimensioni, quelle di biomassa sovrastimano l’importanza degli organismi più grandi. Le piramidi di energia costituiscono lo strumento più appropriato per studiare o confrontare gli ecosistemi. La figura evidenzia che numero e biomassa sono in relazione alle caratteristiche degli individui.


foresta temperata

4. Flussi di energia

Il Secondo principio della termodinamica, enunciato di Kelvin-Plank, afferma che:

“È impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di trasferire calore da un corpo più freddo a uno più caldo senza l'apporto di lavoro esterno”

Come si collega questo principio al funzionamento degli ecosistemi? Se una macchina produce lavoro (biomassa) acquistando calore (energia) da una sorgente fredda (livello trofico sottostante), per tornare alle condizioni iniziali (sopravvivere) dovrà cedere una parte di calore, e non tutto quello assorbito potrà quindi essere trasformato in lavoro (biomassa). Per ogni livello trofico non avremo quindi un rendimento energetico del 100%, una parte verrà sempre persa sotto forma di calore (metabolismo).

\( \rightarrow \) La forma delle piramidi di energia evidenzia come ogni livello trofico contenga una minore quantità di energia rispetto a quello sottostante.

Ma quali sono i fattori che determinano quanta energia si trasferisce da un livello trofico al successivo?

Sembrerebbe che la quantità di energia che viene trasferita ai livelli trofici più alti dipenda dalla PPN (produttività primaria netta) iniziale, ovvero dalla quantità di energia che i produttori primari hanno fissato nella loro biomassa.

In realtà le cose non sono così semplici, infatti dobbiamo tenere conto di quanta biomassa prodotta da un livello trofico viene consumata da quello successivo e del valore nutrizionale degli autotrofi, del detrito e delle prede, che determinano l’efficienza dei trasferimenti energetici tra i livelli trofici. La figura mostra le vie di ingresso e di uscita dell’energia, quello che risulta è un flusso determinato dal fatto che l’energia continua a entrare nel sistema come energia luminosa, ed esce da ogni livello trofico come calore respiratorio.

 livelli trofici.

5. Flussi di energia nelle comunità terrestri

Nelle comunità terrestri i produttori primari sono costituiti in buona parte da piante arboree che possiedono una cospicua quantità di sostanza organica morta (necromassa) che non partecipa al processo produttivo, soltanto le parti verdi della pianta infatti sono fotosintezzanti. La maggior parte dell’energia contenuta nella necromassa non viene consumata dagli erbivori e non entra quindi nella catena del pascolo.

Inoltre non tutta la biomassa vegetale ingerita dagli erbivori viene assimilata dal momento che sostanza organica vegetale e sostanza organica animale hanno diversi rapporti tra carbonio e azoto. Ne consegue che parte dell’energia contenuta nella biomassa vegetale o non viene consumata, o non viene assimilata dagli erbivori e passa direttamente alla catena del detrito. I carnivori invece consumano gli erbivori e quindi biomassa che ha la loro stessa composizione. La maggior parte di quanto ingerito viene assimilato e, al netto del calore respiratorio, viene convertito in biomassa.

I flussi di energia nelle comunità terrestri sono unidirezionali: l’energia passa dall’autotrofo all’erbivoro, dall’erbivoro al carnivoro e dal carnivoro al predatore del carnivoro. Soltanto una piccola quota dell’energia chimica prodotta con la fotosintesi viene effettivamente incorporata nella biomassa degli erbivori: considerato che la quota di trasferimento trofico in ambiente terrestre da un livello al successivo è circa il 10%, l’energia acquisita dalle piante difficilmente potrà sostenere più di 3 livelli, e la densità degli organismi tende progressivamente a calare.

6. Flussi di energia nelle comunità acquatiche

Negli ecosistemi acquatici, i produttori primari (prevalentemente fitoplancton) sono totalmente fotosintetizzanti e facilmente consumabili dagli erbivori: circa il 79% della biomassa autotrofa acquatica viene consumato a fronte di un 30% negli ecosistemi terrestri. Il rapporto C/N è inoltre più favorevole (è minore la quantità di molecole con funzione strutturale), e questo migliora l’efficienza con cui la biomassa vegetale viene convertita in biomassa animale erbivora. La maggiore quantità di biomassa vegetale consumabile e la maggiore efficienza di assimilazione determinano che le catene trofiche dei sistemi acquatici siano più lunghe (5-6 livelli trofici) e più produttive di quelle terrestri. Inoltre, il fitoplancton è costituito da individui con vita breve, che in poco tempo permettono ai nutrienti intrappolati nella loro biomassa di tornare in circolo.

Tra i diversi gruppi trofici esistono quindi grandi differenze sia nell’efficienza di consumo sia nell’efficienza di conversione dell’energia (assimilazione e produzione), e queste differenze influenzano direttamente i tassi di trasferimento dell’energia negli ecosistemi.