Fissaidee 3

Sito: Federica Web Learning - LMS
Corso: Biologia di base
Unit: Fissaidee 3
Stampato da: Utente ospite
Data: martedì, 1 luglio 2025, 01:12

1. Catene del pascolo e catene del detrito

Mentre l’energia fluisce negli ecosistemi e tende progressivamente ad essere dispersa, la materia che costituisce i tessuti di ogni individuo circola continuamente tra gli organismi e l’ambiente abiotico mediante: produzione primaria, produzione secondaria e trasferimento di biomassa (peli, piume, rami, foglie, deiezioni, carcasse) al comparto della sostanza organica morta.

In ogni ecosistema esistono quindi due catene alimentari: la “catena del pascolo”, quelle di cui abbiamo parlato fino ad ora, e la “catena del detrito”. La differenza è la fonte di energia utilizzata dai consumatori primari, che nella catena del detrito è costituita da sostanza organica morta o “detrito”.

Le due catene alimentari sono strettamente interconnesse tra loro, ma mentre nella catena del pascolo il flusso di energia è unidirezionale, nella catena del detrito la sostanza organica morta e i prodotti di rifiuto vengono riciclati all’interno di ogni livello trofico e tornano alla base della catena. Ad ogni passaggio la materia viene in parte fissata nei corpi di detritivori e decompositori, ed in parte trasformata in molecole via via più semplici fino alla mineralizzazione che consiste nella trasformazione delle biomolecole in molecole inorganiche. A questo punto gli eterotrofi non potranno più utilizzarle per ricavare energia, ma costituiranno i “nutrienti” che verranno utilizzati dagli autotrofi per la “produzione” della loro biomassa.



respirazione

2. Una componente fondamentale degli ecosistemi: detritivori e decompositori

La maggior parte dei nutrienti essenziali è riciclata negli ecosistemi mediante i processi di decomposizione svolti essenzialmente dagli organismi detritivori e decompositori. In realtà tutti gli eterotrofi agiscono in qualche modo da detritivori e partecipano al processo di decomposizione: con i processi digestivi, infatti, degradano la sostanza organica, la modificano strutturalmente e chimicamente e la rendono in parte utilizzabile (assimilabile) e in parte un prodotto di scarto.

Tra i decompositori rientrano principalmente funghi e batteri, che digeriscono esternamente la sostanza organica morta mediante il rilascio di enzimi: batteri e funghi secernono enzimi per degradare i tessuti vegetali e animali, ed i composti ottenuti vengono assorbiti e utilizzati come fonte di energia.

  • batteri sono i principali decompositori della sostanza organica morta di origine animale e sono prevalenti negli ambienti acquatici.
  • funghi sono i principali decompositori di necromassa vegetale e sono prevalenti negli ambienti terrestri.

La decomposizione è favorita dallo sminuzzamento e dalla semplificazione del “detrito” operato dai detritivori, che si nutrono dei residui animali e vegetali ed anche delle deiezioni. Senza la frammentazione e la semplificazione della sostanza organica morta, soprattutto di origine vegetale, i tempi necessari alla mineralizzazione sarebbero molto più lunghi e la disponibilità dei nutrienti per gli autotrofi molto più scarsa.

deiezioni

3. Efficienza ecologica: quanta biomassa incorpora ogni livello trofico?

Ora che abbiamo trattato i flussi di energia ed i cicli di materia nel loro insieme, e il ruolo della decomposizione, possiamo analizzare l’efficienza ecologica cioè l’efficienza con la quale la biomassa presente in un livello trofico viene convertita in biomassa del livello trofico successivo.

L’efficienza ecologica è data dal rapporto tra la biomassa (energia) incorporata da un livello trofico di consumatori e la biomassa (energia) del livello trofico delle loro prede espresso in percentuale.

In generale si considera che il 10% dell’energia presente in un livello trofico passi al livello trofico successivo, ma in realtà ci sono differenze che dipendono dai produttori e dai consumatori.

Infatti, ad ogni trasferimento tra un livello trofico e quello successivo abbiamo una perdita di energia che dipende:

1. da quanto di ciò che è prodotto da un livello trofico viene consumato da quello successivo

2. da quanto di ciò che viene consumato viene assimilato

3. da quanto di ciò che viene assimilato viene convertito in biomassa.


4. Quanto è efficace il trasferimento di energia tra livelli trofici?

In generale, l’efficienza di consumo è bassa negli ambienti forestali dove soltanto il 5% circa di quanto prodotto dagli autotrofi viene consumato dagli erbivori, moderata in ambienti di pascolo dove viene consumato circa il 25% di quanto prodotto e più alta in ambienti acquatici dominati da fitoplancton dove gli erbivori consumano circa il 50% della biomassa autotrofa. Per i carnivori l’efficienza di consumo è molto variabile. La biomassa non consumata entra nella catena del detrito.

L’efficienza di assimilazione tende ad essere bassa per erbivori, detritivori e microbivori (20-30%, soprattutto a causa dell’elevato contenuto in lignina, cellulosa della sostanza organica vegetale) e alta per i carnivori (80%). I rendimenti degli erbivori possono però essere alti se consideriamo di granivori e frugivori (che si nutrono rispettivamente di semi e frutta, 60-70%). La parte non assimilata entra nella catena del detrito sotto forma di feci.

L’efficienza di produzione in generale è alta per gli invertebrati (30-40%), bassa per i vertebrati ectotermi (5%) e bassissima per i vertebrati endotermi (1-2%) a causa del dispendio energetico per della termoregolazione. L’efficienza di produzione dipende essenzialmente dai costi metabolici.


5. Reti trofiche e controlli bottom up e top down

Le relazioni trofiche tra gli individui in un ecosistema sono complesse. Le catene rappresentate da diagrammi che connettono i produttori primari ed i successivi livelli di consumatori sono una semplificazione. In realtà più catene si integrano e si sovrappongono a formare reti, in cui la complessità dipende dal numero di specie e dal numero di collegamenti tra le diverse specie.

Flussi di energia e trasferimenti di materia negli ecosistemi sono poi complicati dalla presenza di alcuni individui che si alimentano su più livelli trofici: gli onnivori consumano prede di tipo diverso e sono insieme erbivori e carnivori.

L’uomo è un tipico esempio di organismo onnivoro.

Generalmente nelle reti trofiche troviamo specie basali (cerchi verdi), che non predano, ma vengono predate, specie intermedie (cerchi grigi) (che sono allo stesso tempo prede e predatori) e predatori apicali (cerchi gialli) che predano senza essere predati.

Reti trofiche e controlli bottom up e top down

Tutte le reti trofiche sono controllate sia dal basso (controlli “bottom-up”) sia dall’alto (controlli “top-down”), ma l’importanza relativa delle due modalità dipende dal tipo di catena trofica. Il controllo bottom-up si ha quando sono le condizioni ambientali e soprattutto la quantità di nutrienti a condizionare la rete trofica. Il controllo avviene a partire dagli organismi autotrofi. Quando la base della piramide è in grado di sostenere i livelli successivi, il controllo sull’abbondanza delle prede è a carico dei predatori. In questo caso gli effetti del predatore non interessano solo il livello trofico immediatamente sottostante, ma si estendono a tutti i livelli trofici più bassi, dando origine alle “cascate trofiche”.

6. Risorse e condizioni regolano la presenza degli organismi negli ecosistemi

Gli ecosistemi possono essere molto diversi tra loro in relazione alle condizioni ambientali e alla quantità e qualità delle risorse.

Le condizioni ambientali sono rappresentate da tutti i fattori ambientali abiotici che variano nello spazio e nel tempo a cui gli individui rispondono in modo differenziale. Temperatura, umidità relativa, pH del terreno, salinità sono alcune condizioni ambientali capaci di selezionare quali organismi possono o non possono essere presenti in un ecosistema.

Le risorse sono quelle sostanze o sorgenti di energia che vengono utilizzate dagli organismi, e che possono essere ridotte in quantità e/o in qualità per effetto del consumo.

La luce solare è una condizione o una risorsa? E’ una risorsa per i fotoautotrofi, che la utilizzano per la fotosintesi, ma è una condizione per gli eterotrofi.

Le risorse comprendono non solo quello che un organismo ingerisce o assorbe, ma anche tutto ciò che è utile alla sopravvivenza o allo svolgimento delle proprie funzioni (ad esempio lo spazio per un organismo sessile). La convivenza di organismi e specie diverse in uno stesso ecosistema è possibile proprio perché questi insistono su risorse diverse in termini di spazio, fonti nutritive (pensa alle catene trofiche) e materiali. Quando le risorse sono presenti con disponibilità inferiore alle richieste si instaurano fenomeni di competizione. In figura sono riportati alcuni esempi di risorse e condizioni.

risorse e condizioni

7. Fattori limitanti

Fattori ambientali e risorse possono essere limitanti, ma solo le risorse sono presenti in quantità limitata.

  • La presenza di un solo fattore limitante può ridurre o inibire la crescita di una popolazione, anche se tutti gli altri fattori sono a livelli ottimali per la specie. Temperature troppo basse, ad esempio, possono impedire la colonizzazione di un ambiente da parte di una specie tipica di climi tropicali anche se le risorse sono abbondanti.
  • Anche le risorse possono diventare limitanti: in un ambiente privo di risorse un organismo non potrà persistere anche se le condizioni ambientali sono favorevoli.

Nel caso della luce solare, ad esempio, molte specie vegetali non possono sopravvivere in presenza di ombra eccessiva, come alla base di una foresta pluviale, dove la quantità di luce al suolo è limitata e quindi, per molte specie, limitante.

Soltanto in pochi casi la quantità di una risorsa rispetto alla richiesta è tale da poter essere considerata alla stregua di una condizione. Ad esempio, in ambiente terrestre, l’ossigeno atmosferico è presente in quantità tali da non poter essere esaurito (a parte alcuni casi eccezionali, come ambienti ipogei o di grotta). In acqua invece, la quantità di ossigeno disciolta può calare drasticamente, ad esempio a causa di alte temperature o eccesso di sostanza organica.


8. L’equilibrio in un ecosistema

Se le risorse fossero illimitate e in assenza di fattori di disturbo, le popolazioni potrebbero crescere in modo indefinito. In natura però il numero di individui non può aumentare indefinitamente, dal momento che le risorse sono limitate ed altri fattori, come la presenza di patogeni o predatori, concorrono a frenare la crescita delle popolazioni. Questo limite permette agli ecosistemi di mantenere un equilibrio e la coesistenza di molte specie differenti, senza che una predomini sulle altre.

In genere le popolazioni presentano una crescita con andamento esponenziale fino a quando le risorse sono disponibili in quantità ottimale per tutti gli individui. Con il passare del tempo il numero di individui aumenta e, in relazione a questo, le risorse iniziano a calare dando luogo a fenomeni di competizione. A questo punto soltanto gli individui che hanno accesso alla risorsa, i competitori superiori, possono sopravvivere, accrescersi e riprodursi. La crescita della popolazione quindi rallenta, la curva flette e diventa asintotica ad una linea che rappresenta la “capacità portante” dell’ambiente.

Capacità portante dell’ambiente = numero di individui che un determinato ambiente può sostenere in relazione alle risorse disponibili.

A livello della capacità portante, la crescita della popolazione tende a raggiungere un plateau e rimanere stabile, con il numero dei nati che equivale al numero dei morti finché la disponibilità di risorse lo permette.

Nella figura sono rappresentate una curva logistica (forma a S) e una curva esponenziale. Le curve logistiche sono quelle che meglio descrivono la crescita delle popolazioni in condizioni naturali.

curve logistiche

Il caso del Parco Nazionale di Yellowstone costituisce un importante esempio di cascata trofica e delle conseguenze che possono derivare dalla mancanza di risorse.