Una tappa cruciale nel passaggio dal modello atomico di Bohr (nel quale gli elettroni sono ancora pur sempre particelle) a quello pienamente quantistico (che considera invece gli elettroni come descritti da uno strano oggetto matematico detto “funzione d’onda”), è costituito da una estensione del modello di Bohr, elaborata da Arnold Sommerfeld poco tempo dopo, col principale intento di includere la possibilità che gli elettroni siano su orbite ellittiche (gli elettroni di Bohr potevano avere solo orbite circolari). Conviene citare il modello di Sommerfeld, poiché la terminologia da egli introdotta è sostanzialmente quella attuale, sia pur con un significato fisico a tratti un po’ differente.
Orbene, Bohr aveva postulato che il momento angolare degli elettroni fosse quantizzato; cioè che essi potessero occupare solo orbite circolari di raggio specifico, e quindi di energia ben definita. Questa condizione, che viene espressa mediante un numero \( n \) detto numero quantico principale, permane nel modello di Sommerfeld, che però ammette anche la possibilità di orbite ellittiche. A tal fine viene introdotto un ulteriore parametro \( l \) detto numero quantico orbitale. Per un fissato valore del numero quantico principale, \( l \) può assumere i valori interi: \( 0, 1, …, n-1 \). Questo significa che per un fissato valore permesso dell’energia (definito da \( n \)) all’elettrone è permesso trovarsi in uno degli \( n-1 \) stati, distinti per il momento angolare (NOTA: nel modello di Bohr, fissare l’energia equivale a fissare il momento angolare, dal momento che le uniche traiettorie previste sono quelle circolari).
Ricordiamo che la principale tipologia di esperimenti alla base della verifica della adeguatezza dei modelli atomici era costituita (e anche oggi ha grande importanza) dalla determinazione delle lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica emessa o assorbita da un atomo; cioè, la determinazione degli spettri di assorbimento e di emissione. Orbene, qualche tempo dopo la formulazione del modello di Sommerfeld irruppero sulla scena nuovi risultati sperimentali che non trovavano un’adeguata interpretazione alla luce della versione-base di tale modello. In particolare si scoprì che allorché gli atomi di un gas venivano posti in un campo magnetico sufficientemente intenso, alcune delle sue righe spettrali (la cui posizione in lunghezza d’onda è determinata dalla differenza di energia tra specifici livelli energetici degli elettroni dell’atomo) si suddividevano in “sotto-righe” meno intense. Questo fenomeno (denominato effetto Zeeman, dal nome del suo scopritore) era indicativo del fatto che il campo magnetico provocava una suddivisione dei livelli energetici ammessi in un certo numero di sotto-livelli (il tecnicismo anglofono per tale fenomeno è “splitting dei livelli”). Per interpretare l’effetto Zeeman si pensò di introdurre nel modello atomico un ulteriore numero quantico \( m_l \), detto numero quantico magnetico, il quale – per un fissato valore \( l \) del numero quantico orbitale – potesse assumere i valori interi compresi tra \( -l \) e \( l \), cioè \( -l≤m_l≤l \).