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1. Il passaggio dalla vita acquatica alla terraferma

Le piante terrestri hanno tutte un unico antenato comune. Si sono infatti evolute da antiche alghe verdi imparentate alle attuali Charophyte. Per adattarsi agli ambienti terrestri hanno dapprima dovuto superare il problema della disidratazione, formando delle strutture superficiali in grado di evitare l’eccessiva perdita di acqua. Hanno poi dovuto fare i conti con la forza di gravità che in acqua, invece, è controbilanciata dalla spinta di Archimede. Inoltre hanno dovuto adattare i meccanismi della fotosintesi perché l’acqua “filtra” alcune lunghezze d’onda più di quanto possa fare l’aria e troppa luce può danneggiare l’apparato fotosintetico. La conquista della terra emersa ebbe per loro anche dei vantaggi: nell’aria infatti è disponibile una maggiore quantità di CO2 e si trovavano in ambienti praticamente prive di predatori. Le prime piante avevano strutture più semplici delle attuali, e il lento adattamento ai nuovi ambienti terrestri è consistito anche nello sviluppo di organi come radici, fusti e foglie, o in strutture in grado di svolgere le stesse funzioni (analoghe).


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