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Nel mondo piante nate da questo tipo di tecnologie sono state sviluppate per la prima volta nel 1983 e introdotte nel mercato nel 1996. Attualmente ricoprono un ruolo importante dato che circa il 10% della superficie agricola a livello mondiale è usata per coltivare piante geneticamente modificate. Alcune produzioni come quelle di colza, soia, cotone e mais a livello globale sono in gran parte ottenute da queste varietà biotecnologiche.
Le piante geneticamente modificate più diffuse hanno avuto degli inserimenti genetici per motivi completamente diversi: nel primo caso è stato inserito un gene di un batterio che permette di produrre una sostanza tossica solo per alcuni sottogruppi di insetti, tra cui specifici patogeni; mentre nel secondo si tratta di una forma di resistenza a un erbicida specifico.
Valutazioni di tipo economico e ambientale andrebbero affrontate caso per caso in base alla coltura, al tipo di modifica introdotta e a dove tale coltura verrà messa a dimora. Complessivamente l’uso di queste varietà ha dimostrato in più di 25 anni di essere vantaggioso a vari livelli della filiera e di fornire una serie di benefici ambientali, come il minor uso di pesticidi e minor rilascio di gas ad effetto serra.